Grimm, Andersen e Yeats: I cigni selvatici (e le oche!)

In una lettera datata 1812 Jacob Grimm così scrive all'amico Achim von Arnim: "Sono fermamente convinto che tutte le fiabe della nostra raccolta, con tutte le loro particolarità, venivano narrate già millenni fa [...] in questo senso tutte le fiabe si sono codificate come sono da lunghissimo tempo, mentre si spostano di qua e di là in infinite variazioni [...] tali variazioni sono come i molteplici dialetti di una lingua e come quelli non devono subire forzature". 
Sono tantissime le fiabe che riportano elementi simili, a volte non proprio esplicite, altre volte con trame che mutano solo per piccoli dettagli, tra queste c’è la fiaba I sei cigni selvatici dei Grimm, che ha diverse varianti: quella, appunto, dei Grimm, di Andersen (I cigni selvatici – che sono undici - ) e di William Yeats (Le dodici oche selvatiche); queste non sono le uniche versioni esistenti, ma sicuramente le più conosciute, nello stesso filone potrebbe rientrare, per esempio, la fiaba i I sette corvi dei Grimm. 
Il tema principale di queste fiabe sembra essere la sorella che sente il dovere intimo di riscattare i fratelli. Attraverso le sue vicende lei riporterà i fratelli (trasformati in cigni o oche selvatiche) nel loro aspetto di uomini che l’accoglieranno come sorella. 
In tutte e tre le fiabe la sorella è condannata a tessere delle camicie per quanti sono i fratelli (6, 11 o 12) e ciò lo dovrà fare in silenzio, senza né piangere né ridere, senza mai rivolgere parola ad alcuno: la sua vita, i suoi sentimenti sono come cristallizzati. La ragazza tesse, come una giovane Parca, tesse il suo destino e quello dei fratelli. 
Nella versione dei Grimm, un Re viene ricattato da una strega e costretto a sposarne la figlia che, da vera matrigna, rinchiuderà i figli del Re (6 maschi ed una femmina) in un castello solitario in mezzo al bosco. La matrigna, saputo che il Re aveva scoperto il nascondiglio, tesserà 7 camicie e, gettandole addosso ai figli (i maschi in quanto la femmina non le era corsa incontro a salutarla) li trasforma in cigni. Qui vediamo come la bambina già sa che deve evitare la figura matrigna, la sua antagonista, lo sa da sempre come sa che presto verrà in un suo aiuto una vecchia fata.
Illustrazione di Anton Lomaev
Elisa, protagonista della fiaba I  cigni selvatici di Andersen, in
viaggio con i fratelli
La fanciulla ritroverà i fratelli in una casetta nel bosco; tutte e tre le versioni raccontano l’entrata nella casetta che ricorda molto da vicino la fiaba di Biancaneve e i 7 nani; in Yeats, tuttavia, il legame con Biancaneve è esplicito fin dall’inizio:
“…Un giorno d'inverno, la regina vide, guardando alla finestra, che nella distesa di neve del prato davanti al castello vi era una macchia di sangue e lì accanto un corvo ferito e disse che avrebbe voluto avere una figlia, dalla pelle candida, i capelli corvini e le guance vermiglie. Per lei avrebbe lasciato tutti i suoi dodici figli! Ma una fata la sentì e la punì per il suo desiderio avventato, realizzandolo. Infatti, allorché la regina partorì questa meravigliosa bambina, i suoi figli si trasformarono in oche selvatiche e volarono via. La piccola che fu chiamata Biancaneve-Rosarossa crescendo incominciò a far domande sui suoi fratelli.”
Le protagoniste delle tre fiabe saranno accusate di stregoneria e condannate al rogo: nei Grimm e in Yeats per aver divorato i figli, mentre in Andersen, dove in tutta la fiaba traspare la sua fede cristiana, la ragazza viene scoperta in un cimitero a raccogliere le ortiche per tessere le 11 camicie. 
Il lancio delle camicie contro i fratelli è un atto simbolico di trasformazione e rinascita, non solo per i fratelli: le sorelle, infatti, ritorneranno a parlare e a piangere, a urlare la loro innocenza come in una sorta di parto o, se vogliamo, di ritorno alla vita dei sentimenti, un riemergere delle emozioni che erano state bloccate; vedono realizzata l’opera del loro “tessere”, sono le artefici mute, silenziose ed isolate, di questa grande trasformazione. 
Andersen a questo punto “riabilita” agli occhi di quello che nella fiaba chiama “popolo” la figura della fanciulla cha da strega diventa per tutti una santa (pensiamo che nemmeno La piccola fiammiferaia o la protagonista di Scarpette rosse ricevono comprensione dal popolo) e così, anche il rogo, si trasforma grazie alla sensibilità dello scrittore danese: 
E il popolo, che aveva visto l'accaduto, si inchinò davanti a lei come davanti a una santa, ma lei cadde svenuta tra le braccia dei fratelli, dopo tutta quella tensione, quell'angoscia, quel dolore.
"Sì, è innocente!" disse il fratello maggiore e raccontò tutto quel che era successo. Mentre lui parlava si sparse nell'aria un profumo come di migliaia di rose: ogni piccolo legno del rogo aveva messo radici e fioriva; ora era un cespuglio alto e profumato, di rose rosse, e in cima c'era un fiore bianco e luminoso come una stella, il re lo colse e lo mise sul seno di Elisa e lei subito si risvegliò col cuore pieno di pace e di felicità.




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