Straparola e Le piacevoli notti

Poche sono le notizie sulla vita di Giovan Francesco Straparola. Il suo nome potrebbe essere uno pseudonimo in voga nei circoli letterali dell'epoca, in quanto “straparlare” ha il significato di parlare troppo. Sappiamo che è nato a Caravaggio, probabilmente nel 1480. Le prime notizie documentate si hanno nel 1508, anno in cui, a Venezia viene pubblicata una sua raccolta di poesie d'amore: L'Opera nova de Zoan Francesco Straparola. La data della sua morte è ancora più incerta, sicuramente dopo il 1557, anno in cui viene pubblicata dallo stesso una riedizione dell'opera: Le piacevoli notti, raccolta di fiabe e novelle. Il primo volume fu pubblicato nel 1550, e, secondo la ricostruzione di Giuseppe Rua, nel periodo 1558 -1613, Le piacevoli notti contò ben 23 edizioni: un successo editoriale, confermato anche dalle traduzioni in tedesco e in francese che seguirono in un breve volgere di anni. Nell’opera Le piacevoli notti vi è una spiccata tendenza alla coloritura favolosa degli ambienti e, i personaggi stessi hanno, oltre che i contorni, anche i nomi di eroi delle varie tradizioni romanzesche e questo è il primo indizio di un gusto del colore che distingueva Straparola dai narratori della corrente realistica. E’ considerata la prima opera di carattere letterario che accolse la materia delle fiabe popolari.  Il Primo libro è stato dedicato “Alle piacevoli ed amorose donne” da Orfeo dalla Carta, colui che pubblicò le favole di Giovan Francesco Straparola, invece il Secondo è stato dedicato parimenti  “Alle graziose ed amorevoli donne” da parte dell’autore stesso. Le novelle sono inserite in una cornice rappresentata dagli avvenimenti realmente accaduti durante il periodo della realizzazione dell’opera. La storia nacque dall’esilio di Ottaviano Maria Sforza, costretto a lasciare Milano.
Dal Proemio:
In Melano, antica e principal cittá di Lombardia,
copiosa di leggiadre donne, ornata di superbi palagi e
abbondevole di tutte quelle cose che ad una gloriosa cittá si
convengono, abitava Ottaviano Maria Sforza, eletto vescovo
di Lodi, al quale per debito di ereditá, morto Francesco
Sforza duca di Melano, l’imperio del stato ragionevolmente
apparteneva. Ma per lo ravoglimento de’ malvagi tempi,
per gli acerbi odi, per le sanguinolenti battaglie e per lo
continovo mutamento de’ stati, indi si partí, ed a Lodi con
la figliuola Lucrezia, moglie di Giovan Francesco Gonzaga,
cugino di Federico marchese di Mantova, nascosamente se
n’andò, ivi per alcun tempo dimorando…
Egli, dopo la morte del genero e dopo aver affrontato disavventure a Venezia, decise di rifugiarsi in un maestoso palazzo nella cittadella di Murano.
[…] Laonde
ascese un giorno con la figliuola una navicella, ed a Morano
se n’andò. Ed adocchiatovi un palagio di maravigliosa
bellezza che allora vuoto si trovava, in quello entrò; e
considerato il dilettevole sito, la spaziosa corte, la superba
loggia, l’ameno giardino pieno di ridenti fiori e copioso di
vari frutti ed abbondevole di verdeggianti erbette, quello
sommamente comendò. Ed asceso sopra le marmoree scale,
vidde la magnifica sala, le morbide camere ed un verone
sopra l’acqua, che tutto il luogo signoreggiava. La figliuola,
del vago e piacevole sito invaghita, con dolci ed umane
parole tanto il padre pregò, che egli a compiacimento di lei
il palagio prese a pigione. Di che ella ne sentí grandissima
allegrezza, perciò che mattino e sera se ne andava sopra il
verone mirando li squammosi pesci che nelle chiare e
marittime acque in frotta a piú schiere nuotavano, e
vedendogli guizzare or quinci or quindi sommo diletto
n’apprendeva. E perché ella era abbandonata da quelle
damigelle che prima la corteggiavano, ne scelse dieci altre
non men graziose che belle, le cui virtú e leggiadri gesti
sarebbe lungo raccontare.
I personaggi che accompagnarono padre e figlia sono: dieci fanciulle (Lodovica, Vincenza, Lionora, Alteri, Loretta, Eritrea, Cateruzza, Arianna, Isabella, Fiordiana), due dame di compagnia (Chiara  e Veronica) e tre illustri gentiluomini quali Pietro Bembo e Bernardo Cappello.
Quasi ogni sera la bella Lucrezia si riunisce con la sua piccola “corte” per intrattenersi in danze e conversazioni. Fino a quando arriva il periodo di Carnevale:
La signora, vedendo esserle tal carico
imposto, rivoltasi verso la grata compagnia, disse: — Da
poi che cosí vi piace, che io di contentamento vostro
ditermini l’ordine che si ha a tenere, io per me vorrei che
ogni sera, infino a tanto che durerá il carnesale, si danzasse:
indi che cinque damigelle una canzonetta a suo bel grado
cantassero; e ciascheduna de’ cinque damigelle a cui verrá
la sorte, debba una qualche favola raccontare, ponendole
nel fine uno enimma da essere tra tutti noi
sottilissimamente risolto.
Deciso ad estrazione l’ordine con cui le novelle dovessero essere raccontate...
la vezzosa Lauretta, a cui il primo luogo di
questa notte per sorte toccava, senza aspettare altro
comandamento dalla signora, diede principio alla sua
favola cosí dicendo:

Da questo momento comincia la narrazione delle novelle, per un totale di 74 novelle, che si concludono con altrettanti enigmi, in ottava rima, e che si immaginano narrate nel corso di tredici notti. Rispetto alla tradizione del genere novellistico, Straparola si distingue per la ripresa di una tradizione orale, fiabesca e popolare, ricca e per certi versi innovativa, che conoscerà la massima espansione nel Lo Cuntode li cunti di Giovan Battista Basile (pubblicato nel 1634-1636). Molti sono gli animali umanizzati – tipico delle favole – protagonisti della raccolta. Qui troviamo la prima  versione - al femminile - della fiaba del Gattocon gli stivali (XI 1), che sarà ripresa in tutta Europa, sul finire del Seicento, grazie alla versione francese di Charles Perrault. La protagonista della fiaba Costantino Fortunato – questo il titolo della versione di Straparola - è una gatta fatata; la vicenda è ambientata in Boemia e così viene introdotta dalla narratrice: “Soriana viene a morte, e lascia tre figliuoli: Dusolino, Tesifone e Costantino Fortunato; il quale per virtù d’una gatta acquista un potente regno.” Un secolo più tardi, vide la luce la versione di Giambattista Basile, ambientata a Napoli e così introdotta dall’autore: “Cagliuso, pe’ nustria de na gatta lassatole da lo padre, deventa signore; ma, mostrannosele sgrato, l’è renfacciata la sgratetudene soia”. Trad: “Cagliuso, grazie alla benignità di una gatta lasciatagli dal padre, diventa un signore; ma poi, mostrandosi ingrato, essa glielo rinfaccia”.

Commenti

  1. Non lo conoscevo... Molto bello! In questo periodo poi sto guardando le due stagioni della serie TV "Borgia" e navigo in questa atmosfera. Pietro Bembo era tra l'altro amico di Lucrezia Borgia.

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